La scoperta del sapone risale a molti secoli fa ed è facile intuire che esso venisse usato anche per lavare i capelli, oltre che il corpo. Con il fiorire della civiltà abbiamo appreso a sciogliere quel sapone in acqua e aggiungere sostanze profumate quali erbe aromatiche, estratti floreali e oli naturali al fine di rendere i capelli lucidi e profumati, oltre che puliti.
Con l’avvento dell’industria nel secolo passato, abbiamo visto comparire sugli scaffali dei piccoli negozi prima, e degli enormi centri commerciali poi, la prima generazione di shampoo, ovvero un vasto assortimento di prodotti che replicavano di forma massiva lo stesso concetto di base dei primi shampoo della nostra era umana, sapone sciolto e sostanze profumanti.
Da una decina di anni a questa parte, grazie ai social e alla condivisione di informazioni ed esperienze, il lavaggio dei capelli si è trasformato in una routine la cui base portante è la cura del capello, nel nostro caso in particolare di quello riccio.
Una cura che deve obbligatoriamente passare per il lavaggio, non si può pretendere di avere dei capelli morbidi ed idratati lavandoli con un sapone per panni che magari contiene soda caustica, un ingrediente molto efficace ma anche molto aggressivo.
Dall’esperienza condivisa negli anni, alcuni produttori decidono di ascoltare la “saggezza” del popolo Curly e prende vita da questo momento quella che si potrebbe definire la seconda generazione di shampoo. Una nuova generazione di prodotti con una formulazione un pò diversa dalle precedenti, studiata nel nostro caso per il Curly Method.
Ma quali sono queste formulazioni diverse? Cosa cambia davvero?
Parliamo in primis dei solfati. Questa categoria di composti a base di zolfo che trovano largo uso nella maggior parte degli shampoo, viene completamente esclusa dagli ingredienti degli shampoo adatti al metodo.
Perché vengono esclusi? Non si utilizzano perché sono dei tensioattivi molto efficaci ma molto aggressivi, a tal punto che vi sono ingredienti come il cocamidyol betaine, la cui unica funzione è quella di diminuire l’aggressività dei solfati presenti in uno shampoo. Inoltre sono collegati al fenomeno delle piogge acide ed evitarli non fa di certo male al pianeta! Il motivo primo rimane comunque essere delicati con i propri capelli.
Per cui in uno shampoo adatto al metodo come questo non troveremo solfati ma neanche siliconi o oli minerali, altre due categorie di ingredienti che non aiutano il capello riccio ad esprimere tutta la sua naturale bellezza. Entrambe le classi di ingredienti sono comunemente presenti in molti shampoo della grande distribuzione. Il loro utilizzo a lungo termine appesantisce il capello, non esalta il riccio oltre a non essere facilmente lavabili se non con i solfati, per cui il ciclo si ripete all’infinito e il capello non riesce mai a riprendere il suo naturale splendore.
Gli shampoo adatti al metodo Curly contengono tensioattivi di molteplici origini e sono accumunati dall’essere tensioattivi delicati, che rispettano capello e cuoio capelluto.
Per essere minimamente più specifici, buona parte dei tensioattivi usati nei prodotti adatti al metodo sono soliti essere cationici, anfoteri o di natura non ionica, tutti essi sono in realtà meno efficienti nel lavaggio ma sicuramente più delicati della controparte anionica.
Perché sono meno efficaci? Sicuramente perché nel lavaggio abitudinario dei capelli non sempre si ha necessità di un shampoo forte se i capelli non sono molto sporchi, quanto di un prodotto che lava delicatamente e procura, attraverso il massaggiare e altri ingredienti secondari, benessere per i capelli e il cuoio capelluto.
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